SEMINARIO NAZIONALE
Venerdì 28 Febbraio 2025 – ore 9.45-16.00
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE – UNIVERSITÀ ROMA TRE
SALA CONVEGNI “CLAUDIO VOLPI”
(Call for Abstract, scadenza 9 Febbraio 2025)
Nello scenario del post-pandemia e dei ricovery plan internazionali sono emersi temi caldi sintetizzabili nel trinomio transizioni-ibridazioni-sostenibilità. Nel loro insieme delineano una possibile direzione, uno sguardo particolare, verso cui incamminare la riflessione su alcune possibili risposte educative e pedagogiche. Al riguardo Umberto Margiotta evidenzia come
“le transizioni diventino il paradigma esistenziale dominante: dei lavori, nei lavori, degli stili di vita, nelle ibridazioni delle competenze necessarie a far fronte alla nascita di nuovi mestieri, di nuovi orizzonti di successo formativo, di nuovi profili di azione necessari a governare il valore d’uso delle esperienze e delle tecnologie, senza più distinzione tra momento pubblico e dimensione privata dell’esistenza. Transizioni avanzate e accelerate nella stessa produzione di conoscenza e di esperienza. Transizione e mutazione antropologica: sono questi i poli dell’equazione, insieme esistenziale, culturale e lavorativa, che oggi danno forma alla vita umana” (MARGIOTTA, U., La formazione dei talenti,FrancoAngeli, Milano, 2018, p. 16.).
Transizioni epocali sostenute dalle ibridazioni, non ultima quella cervello-macchina, riconoscibili nell’uso sempre più estremo di algoritmi e protesi elettroniche, di ambienti e aule immersive, dei metaversi, del lavoro e delle fabbriche robotizzate e co-partecipate da lavoratori umanoidi, dove reale e virtuale sembrano fondersi in forme interdipendenti generando nuovi stati esistenziali e contestuali. Una metamorfosi che riguarda anche senso e progettualità pedagogica, all’interno di un’era della cosiddetta convergenza tecnologica e della rapidizzazione determinanti, nelle vite – nelle società, nelle economie – accelerazioni senza precedenti, fors’anche più distopiche che utopiche.
Alcuni significati culturali e sociali dell’ibridazione non sono stati avvertiti, seppur gli scavi riflessivi nella pedagogia avessero indicato già alcune direzioni (Pinto Minerva, Galelli, 2013). Al riguardo, Giuseppe O. Longo ricordava come
“tramite l’ibridazione con la tecnologia, cambia la natura umana, cambia il modo di comunicare, di apprendere, di insegnare, cambiano le nozioni di tempo e la percezione dello spazio, il concetto di realtà. Tra l’altro si marca una differenza sostanziale nell’evoluzione dell’essere umano: i tempi e il radicamento biologico, rispetto a quelli del bio-tecnologico. La natura dai tratti epidemici rende l’evoluzione bio-tecnologica molto più rapida di quella biologica, ma i suoi prodotti sono più fragili e volatili.“ (LONGO, Nascere digitali. Verso un mutamento antropologico? Mondo Digitale, n. 9, 2009, pp. 3-20.)
Possiamo affermare, osservando la parabola della rapidizzazione, che la transizione di stato, ambiente, forma è divenuta, di fatto, permanente, tanto che
“dalle certezze della tradizione ci sentiamo lanciati entro spazi poco noti, governati da leggi e regole inedite, oltre i sistemi noti. La pedagogia – e la metodologia – della tradizione è il nostro sistema noto. Ma l’ignoto? Di certo sappiamo che ciascuno di noi può imparare dal passato. Ma orami siamo consapevoli che oggi è più importante apprendere dal futuro” (MARGIOTTA, op. cit. p. 16.).
Ma la rapidizzazione, della quale l’IA è emblema di futuro, ricade sull’educazione e sull’apprendimento, disvelando come l’esistenza umana appaia sempre più caratterizzata dalla supremazia del tempo-Chronos sul tempo-Kairós. Strutturalmente sostenuto dalle misure quantitative (economiche, di competenze performanti…) che prevalgono sul tempo degli eventi, della riflessione, dell’espressione, dello sviluppo. Quasi a delineare che nel tempo del digitale, degli algoritmi, dell’ibridazione, divenga secondario il “tempo” per lo sviluppo e la crescita di un corpo ancora ritmato biologicamente nella “tradizione” bio-psico-sociale. E’ avvenuta una progressiva decadenza dei fatti che non hanno più il tempo necessario per maturare, svolgersi, incarnarsi, divenendo già passati nel momento stesso della loro generazione, avvolgendo l’esistenza di costante insoddisfazione, realizzando di fatto una colonizzazione del tempo quotidiano. Per contro, il tempo è necessario affinchè lo sviluppo accada come miglioramento, come creazione, come trasformazione, sostando sulle esperienze. Un tempo che attiene ai fini dell’esistere, costringe a guardare oltre il singolo “processo” finito – anche se ben appreso – e apre ad uno sguardo sistemico, divenendo “lavorio” generativo:
“luogo di manifestazione del proprio essere, luogo nel quale a ciascuna e ciascuno è consentito esprimere la propria soggettività in relazione all’ambiente e agli altri, in costante aggiornamento per il riadattamento a condizioni mutevoli non sempre prevedibili” (MANNESE, L’orientamento efficace. FrancoAngeli, Milano, 2019).
L’alleanza nei luoghi generativi appare connotare l’esperienza partecipata delle potenzialità di sviluppo umano, culturale, sociale, economico, rendendo i contesti in cui si situano, luoghi di innovatività, formatività dinamica, interculturalità in fieri. Il luogo è contesto di capabilities – capacitazioni – combinate, maturate e sviluppate attraverso un meticciamento apprenditivo – tra formale/non-formale e informale – che si estende creando apprendimento diffuso e riduzione del ventaglio delle disuguaglianze.
Come sono state accolte nella scuola, nelle classi, nell’organizzazione, nelle didattiche queste idee di sostenibilità e di sviluppo? Nella scuola e nei contesti intenzionalmente educativi, il tema della formazione dei talenti diviene una interessante misura per attualizzare e rigenerare la finalità educativa della scuola nella transizione, con un significato che, per Margiotta, diviene principio plurale e contestuale:
“Se non si consente al talento di emergere non si genera quella creatività, ovvero quella dignità personale, e dunque quella possibilità di mobilità negoziale che riverbera sul valore del sistema Paese, sul potenziale di crescita e di autonomia delle singole persone, sulla loro capacitazione e dunque sul loro posizionamento nello scenario globale. Un talento che non è mai solo una dote naturale, ma si configura piuttosto come il risultato di un viaggio, o meglio ancora come quella postura individuale che indica nei tratti, nel modo di esprimersi, nelle combinazioni personali, stime del fare e del sentire, l’insieme delle caratteristiche di intelligenza, di volontà, di cultura e di carattere che segnalano la nostra unicità” (MARGIOTTA, op. cit. p. 18).
Quindi, non è mai solo la dote naturale a determinare il successo formativo e/o personale, ma la delicata interazione tra passione, attitudine, impegno e opportunità; il talento è insieme predisposizione e volontà, libertà di realizzarsi e responsabilità. Soprattutto parlare di talento vuol dire parlare dei dispositivi con cui la società educa i suoi cittadini, stimola l’agire individuale e il benessere collettivo.
Così intesa la formazione dei talenti esprime anche, e soprattutto, una prospettiva di nuova qualità della scuola e dell’istruzione, laddove essa si avvale del principio di scuola a misura di alunno:
“adeguando i suoi interventi alle caratteristiche degli studenti e mettendo ognuno di loro nelle condizioni di apprendere e di formarsi in maniera soddisfacente. Esprime un principio pedagogico che si esplica nella progettazione formativa che richiede sensibilità alle differenze della persona nella molteplicità delle sue dimensioni individuali (cognitive e affettive) e sociali (contesti di appartenenza), e dunque che è capace di tener conto delle caratteristiche soggettive” (MARGIOTTA, op. cit. p. 20).
Il dato rilevante, al fine di evitare una sorta di elitarismo educativo, è assumere la prospettiva di Umberto Margiotta, con la quale i talenti non sono un dono ma esito di percorsi formativi, istruzionali, sociali e culturali nel contempo.
La prospettiva della formazione dei talenti in una scuola a misura dell’apprendimento – soggettivo e differenziato, plurale, creativo, totalmente umano – incontra la cooperazione come forma organizzativa della vita della classe, include i problemi da risolvere come sentiero per l’apprendere, estende lo scenario educativo e formativo delle classi nelle proprie comunità che divengono così luoghi di ibridazione culturale tra formale e non-formale, co-progetta le attività e coltiva i processi di attivazione, partecipazione e cittadinanza. Un ambiente naturalmente immersivo che, aumentato anche dalle esperienze attraverso le tecnologie, diviene eduverso formativo.
https://www.fondazionemargiotta.org/news/generativita-e-talenti/
Tutti i contributi devono essere inviati, entro il 9 Febbraio 2025, a: margherita.gntl@gmail.com (Margherita Gentile) e a lillidozza50@gmail.com (Liliana Dozza).
La Call è rivolta a dottorandi, dottori di ricerca e ricercatori a tempo determinato.
La risposta di accettazione sarà data entro il 16 Febbraio 2025.